GIOVANNI STANCHI (Roma 1608-dopo il 1673) Alzata con albicocche lio su tela, cm 54 x 74 Stupefacenti sono l'eleganza e la morbidezza della stesura materica in questi dipinti dal sapore ancora silente e contemplativo, da piena still life . Pur nell'apparente arcaismo si avverte però un'aria nuova, una maggiore monumentalità, un ammiccamento larvato al dato decorativo che nulla toglie alla fragranza della resa naturalistica, ma che ci fanno capire come la svolta verso il barocco ormai avviata dalla grande pittura religiosa e di storia stia ormai per essere metabolizzata anche nella natura morta. Sono due tele che ci mostrano infatti una cultura di transizione: in particolare la prima delle due, presentando l'alzatina (tipica non solo della pittura lombarda dei primi del secolo ma anche e questo per tutto il Seicento di quella fiamminga) e una disposizione della frutta e della verdura a piccoli mucchi separati tra loro, si riallaccia chiaramente a esemplari caravaggeschi romani, in particolare di Agostino Verrocchi . La seconda, con la suggestiva apertura su un paesaggio marino solcato da vele lontane, sembra prenderne le distanze, iniziando un percorso che sarà poi seguito dai grandi naturamortisti barocchi, fin oltre la metà del secolo, e culminerà con Abraham Brueghel. Un tale nodo culturale, unito ad una qualità esecutiva altissima, corrisponde per quanto oggi conosciamo alla prima parte della carriera di Giovanni Stanchi, un pittore riscoperto solo in questi ultimissimi anni grazie agli studi di Antonio Alparone e alle successive precisazioni di Mina Gregori e del sottoscritto (si veda il catalogo della mostra la natura morta italiana da Caravaggio al Settecento , (Firenze) Milano 2003, in particolare le pp. 357-359). La mano sembra essere proprio la stessa che ha eseguito la Natura morta di fiori e frutta esposta alla citata mostra fiorentina e assegnata a Giovanni (si veda in catalogo Gregori, p. 357): in quella ricompare infatti quasi identico il mazzetto di fiori poggiato a terra che qui si vede nella seconda tela, con le rose dello stesso delicato colore rosa antico. Nel dipinto esposto a Firenze, Mina Gregori giustamente rilevava consonanze compositive e stilemi formali in relazione con soluzioni proposte dalla cosiddetta 'Accademia del Crescenzi', condotti con la schiettezza realistica che era stata introdotta dal neocaravaggismo di quella cerchia'. Parole che ritengo perfettamente estensibili anche ai quadri qui studiati, anche se ritengo ancora piuttosto difficile valutare l'effettivo ruolo storico svolto da Giovanni Battista Crescenzi, che comunque rimane a mio parere l'ispiratore di tutta una stagione della natura morta romana, almeno fino agli anni '30. Giovanni Stanchi è il primo e più importante rappresentante di una famiglia di pittori ben documentata nelle principali collezioni romane anche con opere di rilievo (dipinge ad esempio fiori su specchio per i Colonna, con la collaborazione di Carlo Maratta per le figure, e altre per i Rospigliosi, per i Chigi, e per Vittoria della Rovere a Firenze). Per noi è ancora difficile tuttavia accertare la distinzione tra le varie mani (in particolare del fratello, di quindici anni più giovane, Niccolò), visto che spesso i documenti parlano genericamente di 'Stanchi': è verosimile che i quadri di maggior qualità e più legati ad una tradizione caravaggesca, come quelli qui schedati, siano di Giovanni, nato nel 1608 e che nel '30 doveva già essere da tempo in piena attività (si veda anche Cottino, op. cit., 2003, pp.352 e 355, n. 8). |