PSEUDO PIETRO PAOLO BONZI
(attivo a Roma nella I metà del Seicento)
Paggio che affetta un cocomero e altri frutti su un tavolo
Olio su tela, cm. 116 x 146


Un giovane paggio dai lunghi capelli ricadenti sulle spalle ed elegantemente vestito (si notino il raffinato, larghissimo colletto ricamato e le maniche a sbuffo da cui sbucano polsini di pizzo, secondo la moda d'ispirazione francese del 1630 circa) sta affettando un'anguria con aria pensierosa e concentrata. Sul tavolo, oltre ad altre fette del rosso e succoso frutto, si trovano da sinistra a destra una cesta di funghi e castagne, due zucche, tre mele, un grappolo d'uva bianca e, in posizione più arretrata e seminascosta dalle foglie, un'alzatina con fichi. La datazione viene suffragata dal confronto con la moda maschile francese: un analogo colletto compare, ad esempio, nel Ritratto di Enrico II duca di Montmorency attribuito a Jean Chalette, databile intorno al 1630 (Parigi, Louvre) o nei ritratti dei Capitouls del 163132, dello stesso Chalette (Tolosa, Archivi municipali)¸ ma si vedano anche, in ambito italiano, ritratti sul tipo di quello di Don Lorenzo de' Medici di Giusto Sustermans (Firenze, Uffizi), databile anch'esso in quel torno di anni. Questo dipinto arcaico e singolare, in eccellente stato di conservazione, è stato ascritto da John Spike ( Il senso del piacere , Firenze 2002, p. 22) ad un cosiddetto 'Pseudo Pietro Paolo Bonzi', con una datazione un po' troppo arretrata al primo decennio del Seicento, rilevando anche uno stretto rapporto fino a considerarlo un possibile 'pendant' con un Contadino che porta cesti di frutta e un tavolo , che appare effettivamente della stessa mano. I legami con l'opera di Bonzi (che, si badi bene, vive fino al 1636) appaiono anche a me evidenti, soprattutto nello spiccato naturalismo con cui viene descritta la frutta che ad evidentiam si nutre dei grandi esempi caravaggeschi, così come la rustica oggettività del tavolo e la ruvida consistenza del bianco canovaccio ripiegato sulla destra. La tipologia della figura, invece, appare assai diversa da quelle autografe di Bonzi, così come le conosciamo nei paesaggi a lui ascritti e negli affreschi documentati a Palazzo Mattei di Giove nel 1622 (non conosciamo sue nature morte con figure. Per una ricostruzione della sua opera, cfr. A. Cottino, Pietro Paolo Bonzi detto il Gobbo dei Carracci , in NegroPirondini, a cura di, La scuola dei Carracci. I seguaci di Annibale e Agostino , Modena 1995, pp. 125136). In ogni caso, già dai miei primi interventi del 1989 (nei due volumi sulla natura morta curati da Federico Zeri) avevo ipotizzato la presenza di una bottega e di una cerchia di Bonzi cui si devono numerosi dipinti circolanti sotto il suo nome ma che non possono essere a lui assegnati per ragioni di stile o di qualità, nell'ambito di un'ampia e diffusa circolazione di idee e modelli che testimoniano un mercato della natura morta che già dai primi decenni del Seicento andava facendosi sempre più capillare e di grande successo. Tuttavia tira un'aria un po' francese, in questo quadro, sia per il taglio della composizione (che ricorda alla lontana certe scene di Louise Moillon, una delle quali, al Louvre, datata 1630), ma anche, si diceva poc'anzi, per quanto riguarda la figura, per cui si potrebbe anche ipotizzare, in mancanza d'altri argomenti, che l'autore possa essere uno dei tanti francesi cui 'non li si può dar regola' attivi a Roma intorno al terzoquarto decennio del secolo.